Dal tempo degli Egizi allo smart working: 5 curiosità su come è cambiato il concetto di lavoro

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Lavoriamo da millenni, ma non abbiamo sempre lavorato allo stesso modo. Ci sono epoche in cui il lavoro era soprattutto forza fisica organizzata in massa, altre in cui è diventato maestria artigiana, poi processo industriale misurabile e infine creazione di valore cognitivo. Guardare a questo percorso con curiosità non è un esercizio nostalgico: è un modo pragmatico per capire perché oggi certe pratiche funzionano, altre no, e come scegliere consapevolmente strumenti, metriche e rituali per aziende e professionisti che vogliono crescere senza sprechi.

In New Target amiamo le storie che insegnano. Per questo abbiamo raccolto cinque “curiosità storiche” sul lavoro e sull’organizzazione, ciascuna con paralleli concreti ai giorni nostri e indicazioni operative. Troverai anche riferimenti strategici su come applicare questi spunti con i nostri ebook pratici, consulenze su misura e risorse digitali, perché la conoscenza ha senso quando diventa azione.

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I – Sabbia, corde e scribi: l’“ingegneria gestionale” degli Egizi

Se pensiamo all’antico Egitto, visualizziamo blocchi di pietra, obelischi, colossi. Ma dietro a quelle opere c’era una macchina organizzativa sorprendente. Non esistevano software, ma esistevano processi. Non c’erano KPI, ma c’erano soglie, ritmi e controlli visivi.

La curiosità: in molti cantieri egizi la qualità non era garantita solo dalla capacità dei lavoratori, ma da semplici strumenti di allineamento e controllo: corde tese per misurare e livellare, linee e segni tracciati per standardizzare la posa dei blocchi, registri tenuti dagli scribi per annotare turni, razioni, avanzamento. Un sistema elementare e robusto, capace di trasformare migliaia di microazioni in un’opera che dura millenni.

Che cosa c’è qui di moderno?

  • Visual management. Una corda tesa è un benchmark visivo. Oggi lo chiamiamo kanban, dashboard, progress bar. Funzionano perché ridono l’ambiguità: o sei in linea o non lo sei.
  • Standard minimi, non massimi. Gli Egizi non misuravano tutto: misuravano ciò che contava per non far deragliare l’opera (allineamento, verticalità, ritmo di consegna). Oggi, in azienda, distinguere indicatori vitali da rumore è la differenza tra focus e dispersione.
  • Ritmi e stagionalità. Il lavoro si adattava al ciclo del Nilo: concentrare energie quando ha senso, non quando “si è sempre fatto così”. È l’embrione di un capacity planning intelligente.

Parallelo operativo (oggi):

  • In progetti complessi, la domanda non è “quante metriche abbiamo?”, ma “quali sono le tre che non possiamo permetterci di perdere di vista?”.
  • Nei team inter-funzionali, serve uno “scriba” moderno: una figura di regia che non fa micro-controllo, ma orchestra flussi, allinea decisioni e rende visibili stato e priorità.
  • Il lavoro ha stagioni (lanci, picchi, chiusure): disegnare il calendario attorno a questi momenti di verità riduce ansia e straordinari inutili.

Takeaway sintetico: non serve la perfezione, serve allineamento visibile. Una corda tesa, oggi, si chiama criterio condiviso.

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II – Otium, negotium e supply chain: quando Roma inventò la scala

Grecia e Roma hanno dato al lavoro un senso pubblico e una scala geografica. L’idea che il lavoro sia anche cittadinanza, ordine, infrastruttura nasce in quell’incrocio di strade, porti, mercati.

La curiosità: l’espansione romana non fu solo militare: fu logistica. Strade, stazioni di posta, magazzini, rotte sincronizzate. Alcuni prodotti circolavano con marche e sigilli (dalle ceramiche ai laterizi): garanzia di provenienza e qualità. Una reputazione, letteralmente, impressa nella materia. Parallelamente, la cultura greco-romana coltivava la distinzione fra otium (tempo di riflessione di qualità) e negotium (il fare): equilibrio tra strategia e esecuzione.

Che cosa c’è qui di moderno?

  • Brand come contratto. Un marchio credibile riduce i costi di controllo: se mi fido di quella provenienza, ispeziono meno e compro prima. In termini moderni: il brand è logistica mentale.
  • Standard e affidabilità. Una strada percorribile, una diligenza puntuale, un sigillo riconoscibile: sono gli antenati di SLA, tracciabilità, qualità certificata.
  • Tempo di pensiero intenzionale. L’otium non è “non fare nulla”: è investire tempo per decidere meglio che cosa non fare.

Parallelo operativo (oggi):

  • Se vendi servizi, la tua “strada romana” è il percorso cliente: dal primo contatto alla riconferma. Se ha buche (ritardi, punti ciechi, email senza risposta), perdi margine.
  • Sigilla l’esperienza con standard espliciti: tempi di risposta, modalità di erogazione, formati di consegna, policy di revisione. È il tuo sigillo.
  • Metti in agenda un otium disciplinato: 90 minuti a settimana per imparare, pensare, riprogettare. Tutto il resto è negotium.

Takeaway sintetico: la crescita non è solo spingere: è ridurre attrito e proteggere la fiducia. Il tuo brand è una scorciatoia cognitiva e va alimentata con coerenza.

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III – Corporazioni, botteghe e capolavori: quando la qualità divenne identità

Nel Medioevo e nel Rinascimento il lavoro si fa maestria. Le corporazioni, gli antenati delle associazioni professionali, regolano apprendistato, standard e reputazione. L’ingresso avviene per crescita reale di competenza, non per dichiarazione. E spesso la prova finale è un capolavoro: l’opera che attesta che sai fare davvero.

La curiosità: il percorso apprendista → garzone → maestro non era una formalità. Era un contratto di fiducia: impari accanto a chi sa, produci valore, acquisisci etica del mestiere. Parallelamente si diffondono tecniche di amministrazione sempre più mature (fino alla contabilità “a partita doppia”): strumenti che rendono visibile la salute di una bottega e le decisioni del maestro.

Che cosa c’è qui di moderno?

  • Onboarding intenzionale. Ogni nuovo ingresso non è un costo inevitabile: è progettazione dell’apprendimento. L’apprendista di ieri è il junior di oggi: se lo lasci “osmotico”, brucia mesi; se lo guidi bene, accende valore entro settimane.
  • Capolavoro come prova di competenza. Le certificazioni servono, ma nulla vale quanto un portfolio concreto: “questo l’ho fatto io, e funziona”. Vale sempre la regola che i fatti lasciano il segno, mentre le parole no.
  • Qualità come sistema. La bottega non fa bene “perché è piccola”: fa bene perché ha ritmi, strumenti, correzioni.

Parallelo operativo (oggi):

  • Disegna un percorso di 90 giorni per ogni nuova risorsa: obiettivi a 2/4/8 settimane, micro-competenze verificabili, una “opera” da presentare (documento, prototipo, procedura).
  • Trasforma le “ricette del maestro” in SOP chiare (Standard Operating Procedures): brevi, aggiornate, collegate a esempi reali.
  • Costruisci un portfolio concreto: case study, demo, screenshot prima/dopo. Parla per evidenze.

Takeaway sintetico: la qualità non è un talento: è una forma d’ordine che si impara, si custodisce e si trasmette.

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IV – Tempi e metodi, catene e grafici: la fabbrica che insegnò a misurare

Con la Rivoluzione Industriale il lavoro cambia pelle: da pezzo unico a pezzi in serie. Nascono fabbriche, turni, tempi standard. L’efficienza diventa scienza: si osserva, si cronometrano gesti, si eliminano sprechi. Sì, nascono anche abusi e rigidità; ma arrivano in dote strumenti che usiamo ancora: diagrammi di Gantt, bilanciamento delle linee, manutenzione programmata.

La curiosità: i pionieri dell’organizzazione industriale non volevano solo “fare in fretta”: volevano rendere il lavoro prevedibile. Quando un processo è affidabile, la qualità cresce e i costi scendono. Alcuni imprenditori introdussero anche limiti orari, salari più equi, sicurezza, non sempre per filantropia, spesso perché conveniva alla produttività. È la doppia faccia dell’epoca: misura come strumento e misura come gabbia.

Che cosa c’è qui di moderno?

  • Misura che libera. Se misuri l’attrito, liberi tempo per pensare; se misuri le persone, le chiudi in un recinto. La differenza sta in che cosa misuri e perché.
  • Standardizzazione flessibile. Avere una “catena di montaggio” oggi significa workflow chiari, strumenti integrati. Non è rigidità: è fluidità che non si rompe.
  • Preventiva, non reattiva. Programmare la manutenzione, del macchinario, ma anche dei processi, costa meno che spegnere incendi.

Parallelo operativo (oggi):

  • Rileva i colli di bottiglia nel tuo ciclo (vendita, produzione, consegna, incasso). Un solo collo, una sola cosa da cambiare per volta.
  • Usa i grafici “giusti”: timeline visibili, wip limit (quante cose in corso), lead time vs. cycle time. Bastano 3 viste chiare.
  • Introduci una retrospettiva mensile: che cosa ha rallentato? Dove abbiamo cambiato idea tardi? Che cosa possiamo definire meglio a monte?

Takeaway sintetico: la misura serve a proteggere il tempo e dare serenità. Il lavoro umano non è un cronometro: è energia creativa che va canalizzata.

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V – Dall’open space allo smart working: obiettivi, fiducia, ritmo (non luogo)

Il Novecento finisce con gli open space: simbolo di collaborazione, spesso rumorosi. Poi internet, email, mobile, piattaforme collaborative. Infine la spinta massiva allo smart working: non semplice “lavoro da casa”, ma ridisegno del lavoro attorno a obiettivi, autonomia, responsabilità. Oggi la domanda non è più “dove lavori?”, ma “come crei valore e come lo dimostri?”.

La curiosità: lo smart working funziona quando si passa da presenza a performance, da orario a obiettivo, da controllo a fiducia verificabile. La tecnologia abilita (cloud, tasking, videoconferenze), ma se processi e regole di ingaggio restano vecchi, il “remoto” è solo una riunione lunga con microfono spento.

Che cosa c’è qui di moderno?

  • Contratti di team. Non serve solo un regolamento aziendale: servono accordi espliciti di squadra (tempi di risposta, orari protetti, canali per urgenze, formato delle consegne).
  • Asincronia intelligente. Non tutto richiede una call: molte decisioni migliorano con documenti commentabili, video brevi, thread.
  • Misurare per outcome. Inquadrare il lavoro in risultati verificabili (indicatori, evidenze, “demo day”).
  • Cura del ritmo. Nel virtuale si perde la soglia fra fare e fermarsi. Servono rituali: pianificazione settimanale, focus time, retrospettive.

Parallelo operativo (oggi):

  • Scrivi con il team un Team Working Agreement: 1 pagina, rinegoziata ogni trimestre.
  • Sposta il 30% delle riunioni verso asincrono qualificato: memo + domande, deadline per risposte, sintesi finale.
  • Definisci per ogni iniziativa 3 outcome misurabili e un momento demo (anche interno).
  • Istituisci finestre di disconnessione: il riposo è parte del processo, non un vezzo.

Takeaway sintetico: lo smart working non è un indirizzo. È design organizzativo: obiettivi chiari, autonomia responsabile, ritmo sostenibile.

Conclusione: il filo rosso (e un modo per tirarlo)

Dall’Egitto alle call su laptop, cambia tutto e non cambia niente. Cambiano strumenti, lessici, luoghi; restano uguali le necessità fondamentali:

  • rendere visibile l’allineamento (la corda tesa),
  • ridurre l’attrito nella catena del valore (la strada affidabile),
  • trasmettere mestiere e reputazione (la bottega),
  • misurare ciò che conta per liberare energie (la fabbrica matura),
  • disegnare la collaborazione attorno a risultati, non a sedie (lo smart working).

Se dovessimo sintetizzare in una frase lo spirito “New Target”, diremmo: verità, coerenza, azione. Verità: guardare i fatti per quello che sono, senza alibi. Coerenza: allineare pensieri, parole, azioni. Azione: trasformare idee in passi concreti, oggi, non domani.

Ecco una traduzione pratica dei cinque insegnamenti, pronta da usare:

  1. Allineamento visivo. Metti nero su bianco 3 indicatori vitali per ogni progetto (uno di qualità, uno di tempo, uno di valore). Aggiorna solo quelli ogni settimana.
  2. Riduzione attriti. Mappa il percorso cliente e segna in rosso 3 frizioni (attesa, ambiguità, passaggi). Risolvine una al mese.
  3. Onboarding maestro. Disegna un percorso 90 giorni per i nuovi collaboratori: micro-competenze, una “opera” da presentare, revisione finale.
  4. Misura liberante. Scegli un collo di bottiglia e progetta uno sprint di 4 settimane per sbloccarlo. Misura il prima/dopo.
  5. Smart working intenzionale. Scrivi un Team Agreement e sposta il 30% delle riunioni su asincrono (con regole). Fai un demo day mensile per celebrare risultati—anche piccoli.

Sono azioni semplici che cambiano radicalmente la sensazione di controllo e la qualità della collaborazione.

Porta la storia nella tua operatività (oggi)

New Target: meno rumore, più sostanza. Dalla corda tesa degli Egizi al Team Agreement del tuo reparto, il filo è lo stesso: rendere chiaro che cosa conta e mettere in moto le persone per farlo accadere. Se sei pronto a passare dalla curiosità all’azione, scrivici: iniziamo oggi.

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